Con il decreto numero 991, intitolato “Le basi della politica statale nel campo della deterrenza nucleare”, Vladimir Putin ha nuovamente rivisto la dottrina nucleare della Federazione Russa. Questo documento sostituisce la versione del 2020, che a sua volta riscriveva quella del 2010, confermando una tendenza ormai consolidata: modificare periodicamente le regole che governano la politica di deterrenza nucleare. Tuttavia, questi frequenti cambiamenti sollevano interrogativi sulla stabilità e sulla credibilità delle intenzioni strategiche russe.
Un documento dai toni ambigui
Come nelle precedenti versioni, il decreto ribadisce che “la Federazione Russa considera l’arma nucleare uno strumento di deterrenza il cui uso è una misura estrema”. Ma al di là delle dichiarazioni di principio, la nuova dottrina presenta modifiche sostanziali che abbassano ulteriormente la soglia per l’impiego di armi nucleari.
Tra le principali novità:
- La possibilità di utilizzare l’atomica in risposta a un attacco contro la Bielorussia, elevata a alleato inscindibile della Russia.
- La considerazione di un’aggressione contro uno Stato membro di una coalizione militare, come la NATO, come un attacco congiunto di tutta la coalizione, giustificando così una risposta nucleare.
- La facoltà di rispondere con armi nucleari a informazioni ritenute attendibili su un lancio di missili balistici, un decollo massiccio di velivoli d’attacco o il dispiegamento di sistemi ipersonici nemici.
- La possibilità di entrare in stato di allerta nucleare in presenza di grandi esercitazioni militari nei pressi dei confini russi o in seguito all’espansione di infrastrutture militari di coalizioni rivali.
Questi cambiamenti mostrano un continuo spostamento delle linee rosse russe, che diventano sempre più vaghe e interpretabili, un fatto che rischia di minare la fiducia non solo degli avversari, ma anche degli alleati.
Troppe revisioni, poca coerenza
Con tre versioni della dottrina nucleare in meno di quindici anni, la Russia sembra sempre più reattiva e meno strategica. Ogni revisione appare dettata più dalle contingenze politiche e militari del momento che da una visione di lungo termine. Questo approccio rischia di compromettere la credibilità della deterrenza nucleare russa, poiché invia segnali confusi e instabili agli attori internazionali.
Una dottrina nucleare dovrebbe rappresentare un pilastro immutabile della politica di sicurezza di una nazione, trasmettendo stabilità e prevedibilità. Modificarla ripetutamente, invece, riduce la sua capacità di essere percepita come un punto fermo. Una deterrenza efficace si basa sulla chiarezza e sulla coerenza: valori che la Russia sta progressivamente erodendo.
Un messaggio per l’esterno e l’interno
Questa revisione arriva in un momento di alta tensione, sulla scia delle indiscrezioni relative alla decisione degli Stati Uniti di permettere all’Ucraina di utilizzare missili a lungo raggio contro obiettivi russi. Il Cremlino sembra voler inviare un messaggio chiaro all’Occidente: qualsiasi provocazione, anche indiretta, sarà considerata come una minaccia esistenziale.
Ma il decreto risponde anche a dinamiche interne. La propaganda russa ha amplificato la portata del cambiamento, con i media statali che evocano scenari di conflitto globale e sottolineano la forza nucleare del Paese. Dmitry Medvedev, ex presidente e attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza, ha commentato che l’uso di missili occidentali in territorio russo potrebbe legittimare una risposta atomica, arrivando a definire questa possibilità come l’anticamera della Terza Guerra Mondiale.
La credibilità compromessa
Modificare frequentemente la dottrina nucleare non è solo un segno di adattamento, ma anche un’ammissione di debolezza. Ogni cambiamento suggerisce che il Cremlino non si sente mai sufficientemente preparato o sicuro della propria posizione. Inoltre, una dottrina che cambia in modo così repentino e spesso ambiguo rischia di essere percepita come una tattica di propaganda piuttosto che come una strategia solida e credibile.
Conclusione
L’ennesima revisione della dottrina nucleare russa riflette la volontà del Cremlino di adattarsi a un contesto internazionale sempre più complesso, ma lo fa a scapito della coerenza e della stabilità. Più che un segnale di forza, questa instabilità strategica potrebbe essere interpretata come un sintomo di fragilità. Una politica nucleare che cambia così frequentemente non solo disorienta i potenziali avversari, ma rischia anche di minare la fiducia degli alleati e dell’opinione pubblica russa.