Dopo l’avventura dell’anno precedente, tra Francia e Inghilterra, ci riprovai. Più attrezzato, con più soldi e più tempo. Volevo ripercorrere parte della strada già fatta, solo che questa volta la meta era la Spagna. Non ero mai stato in Spagna. Qualche giorno prima che partissi alcuni amici avevano iniziato il cammino di Santiago. Avevamo scambiato una mezza promessa di incontrarci.
Partii da casa dei miei. Da un paio di mesi avevo fatto ritorno al paese. L’idea era quella di comprare casa a Roma. Ne avevo vista una che mi piaceva e iniziato tutto l’iter: proposta, richiesta mutuo, perizia.
A Pisa avevo una stanza al piano terra. In un albergo vicino alla stazione. La finestra dava sulla strada, si potevano sentire le persone parlare. Quella situazione mi fa pensare ancora oggi al passaggio di carrozze, fuori le mie serrande chiuse. Come se mi trovassi in una macchina del tempo.
Feci un giro per la città. Qualche migrante ubriaco, con l’immancabile vino in cartone, pascolava sulle scale di una rotatoria, che aveva delle pretese da piazza. Mi allontanai in direzione di un ponte. Molto suggestivo la sera. Si perché il sole era calato e la città era illuminata dalle luci artificiali. Attraversai il ponte e mi ritrovai nel corso principale, era pieno di gente. Un po’ disorientato dalla folla mi infilai in un vicolo. Fatto qualche metro ero in una piazzetta. Una pizzeria si chiamava come quella di mio fratello al paese, “La bottega della pizza“. Presi qualcosa, consumai la mia cena e andai in una specie di Pub di fronte. Mi imbarcai in quattro chiacchiere con due studentesse croate, non era aria. Ritornai verso la mia stanza, ero troppo stanco per fare altro.
L’indomani alle nove ero già in piedi, alle dieci ero nella sala della stazione. Il biglietto Interrail l’avevo fatto a Roma. Consultavo l’orario, alla ricerca del mio treno. Dovevo trovarne uno che mi facesse arrivare ad un’ora decente nella mia prossima meta. Il porto di Marsiglia. Ne trovai uno che mi portava fino a Genova, da lì Ventimiglia, poi la Francia.
Arrivai a Marsiglia molto tardi, erano quasi le undici di sera. Chiesi all’ufficio informazioni dove si trovava la via del mio ostello, avevo prenotato con il cellulare su Booking. Presi l’ultimo treno della metropolitana di quel giorno. Non potevo sbagliare. Mi fermai alla stazione indicatami. Ero nella piena periferia di quella città. C’erano due persone che stavano montando in macchina, un monovolume. Chiesi a loro dove si trovava la via che stavo cercando, loro mi risposero se cercavo l’ostello Espanyol, si era proprio il mio. Erano i proprietari, incredibile. Mi portarono al nono piano di un palazzo enorme, dentro un comprensorio di quattro o cinque palazzoni della stessa dimensione. Non ci sarei mai arrivato da solo a quell’ora della notte, ero stato veramente fortunato. Mi addormentai dopo un tè preso con loro due e una sigaretta fumata fuori del balcone.
Un giorno e poi sarei partito per la Spagna, Barcellona …