È davvero difficile immaginare un Umberto Bossi che, dopo essere stato accusato di aver sottratto 49 milioni di euro, si ritrova costretto a ricoprire il ruolo di senatore per ripagare il debito. Tuttavia, in politica non si può mai escludere nulla.
Il tema della legittimità popolare, però, merita un’attenzione particolare. Non si può ignorare che oggi la Lega rappresenta il 30% degli elettori italiani. Questo dato conferisce al partito un ruolo pubblico significativo, che deve essere considerato con grande cautela in qualunque sentenza giudiziaria che possa mettere a repentaglio la sua esistenza.
Se l’obiettivo dello Stato è davvero quello di recuperare i 49 milioni di euro dalla Lega e non quello di distruggerla politicamente, dovrebbe allora consentirle di proseguire le sue attività. È un principio di buon senso economico e giuridico: se si mette fine all’esistenza del debitore, diventa impossibile recuperare il credito. In altre parole, una chiusura forzata del partito impedirebbe allo Stato di recuperare i fondi dovuti.
Questa situazione solleva interrogativi importanti non solo sul rapporto tra giustizia e politica, ma anche sul modo in cui lo Stato dovrebbe gestire i casi di insolvenza politica senza danneggiare irrimediabilmente la rappresentanza democratica.