Le esperienze dei giornalisti che operano nelle aree sotto occupazione offrono uno sguardo profondo sullo stato attuale del mondo, che non appare incoraggiante. Dall’altura di Nikopol, sulla riviera del Dnipro ancora libera dalla presenza russa, si può osservare Enerhodar. Al di là del fiume si erge la centrale nucleare nota come “di Zaporizhia”. A luglio 2023, in seguito al danneggiamento della diga di Khakovka, l’acqua era quasi sparita, tanto che attraversare a piedi quella distanza sembrava quasi fattibile, nonostante ci fossero cecchini e mine.

In quel periodo, Victoria Roshchyna intraprendeva il suo viaggio per raggiungere la Enerhodar occupata. Ha evitato il fronte viaggiando attraverso Polonia e Lituania, seguendo poi un lungo tragitto da nord a sud nella Russia nemica e lungo la costa settentrionale del mare di Azov. L’assurdità del suo percorso, da un viaggio di venti chilometri a uno di duemila, sottolinea quanto la guerra distorca spazio e tempo, oltre alle persone. La solitudine di Victoria in questo viaggio era palpabile, prima di essere arrestata, torturata e infine uccisa.

Victoria Roshchyna, giornalista ucraina, investigava sugli agenti dell’FSB nei territori occupati, un’impresa tanto coraggiosa quanto rischiosa. Anche il suo stesso giornale si era rifiutato di appoggiare la sua ultima missione, spingendola a proseguire come freelance. La caporedattrice di Ukrainska Pravda ha affermato: “Victoria era un ponte tra l’Ucraina e quei territori. Da quando è sparita, non esiste più una copertura su ciò che avviene lì”. Il dibattito sull’adeguatezza del rischio che ha corso rimane aperto, soprattutto nel settore dell’informazione.

Fu un mese prima che un’altra Victoria, la scrittrice Amelina, venisse uccisa durante un bombardamento russo. Il suo libro incompleto e pubblicato recentemente in Italia, “Guardando le donne guardare la guerra”, riflette sull’inconciliabilità tra principi fondamentali, come il ruolo di madre e di cronista chiamata a documentare i crimini nel suo Paese. Le immagini delle due Victoria, impegnate entrambe a testimoniare orrori oltre il Dnipro, mostrano somiglianze che sembrano volerci raccontare una storia più profonda.

Il libro di Amelina rende omaggio alle donne ucraine coinvolte nel conflitto. Se solo avesse avuto il tempo, avrebbe dedicato un capitolo a Roshchyna, immaginandola come una luce tra le tenebre dei territori occupati. Tuttavia, quando è stato letto l’articolo di Marta Serafini sulle spoglie riportate in Ucraina, i segni di tortura erano evidenti, con il corpo irriconoscibile senza l’analisi del DNA. Il confronto impietoso tra la brutalità subita e la precisione con cui è stata attuata rivela la terribile realtà delle guerre odierne.

L’uccisione di giornalisti e scrittori colpisce profondamente l’immaginario collettivo. Esso va oltre la semplice violazione di un corpo, rappresentando un attacco contro la civiltà e la società. Le storie di queste figure nelle zone di conflitto testimoniano come il mondo stia evolvendo, e non nel migliore dei modi. Il Committee to Protect Journalists ha designato il 2024 come l’anno con il maggior numero di giornalisti uccisi, sottolineando un’emergenza nell’informazione.

Le condizioni di detenzione di Roshchyna, fatte di torture, dimostrano la natura di queste guerre, dove troppi Paesi hanno trasgredito le regole umanitarie fondamentali. Il progetto di Forbidden Stories, coinvolgendo 45 giornalisti internazionali, ha aiutato a ricostruire le ultime fasi della vita di Roshchyna. Il loro lavoro include un senso profondo di solidarietà e fedeltà ai valori della civiltà, valori che, nonostante tutto, continueranno a sfidare la barbarie.

3 pensiero su “Victoria Roshchyna: il sacrificio dei giornalisti in zone di guerra e il silenzio del mondo”
  1. Ragazzi, ma avete letto della scrittrice Amelina? Sto libro mi pare interessante, quanto dolore nella loro storie speriamo in un futuro migliore per tutti.

  2. GGiornalisti coraggiosi come Victoria Roshhchyna meriterebero più supporto dai loroo gioornali! 🕊️

  3. Mi son scaduti i punti del cervello, ma come fa una persona ad avventurarsi lì se è così pericoloso? Poveretta questa Victoria.

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