Un particolare dettaglio del presepe allestito nella Sala Paolo VI ha suscitato controversie: il Bambino Gesù è stato avvolto in una kefiah, un tradizionale indumento palestinese. Questo dettaglio è stato frutto della collaborazione con il Comitato presidenziale palestinese per gli affari della Chiesa, l’ambasciata palestinese in Vaticano e il Centro Piccirillo di Betlemme. Papa Francesco ha recitato una preghiera davanti a questa rappresentazione il 7 dicembre, data della sua inaugurazione, generando polemiche, in particolare da parte delle comunità ebraiche, che hanno sottolineato le origini ebraiche di Gesù, nato e vissuto in Israele.

Nella tradizione cattolica, il Bambinello viene aggiunto al presepe solamente a mezzanotte del 24 dicembre. La Sala Stampa Vaticana ha confermato che il Gesù Bambino verrà collocato al suo posto tra il 24 e il 25 dicembre, in linea con l’usanza globale. Si è anche evidenziato che la kefiah sulla mangiatoia sarebbe stata un’aggiunta dell’ultimo momento, da parte dell’artista incaricato della creazione del presepe.

L’installazione artistica «Natività di Betlemme 2024» è curata da Taisir Hasbun ed è stata realizzata per il 90% dall’Università Dar Al-Kalima. Questo presepe evoca la Terra Santa e la vita della Sacra Famiglia attraverso statue di legno d’olivo e vari materiali tra cui ferro, madreperla, pietra e ceramica. Le pecore sono state elaborate con feltro, tessuto e lana, grazie al contributo del Centro Ma’an lil-Hayat di Betlemme, un’associazione che si occupa di persone con disabilità. Un elemento di rilievo è un ulivo vero, simbolo della Palestina, del suo patrimonio agricolo e della pace.

Questo allestimento ha stimolato un dibattito, accostando immagini contrastanti come quella del Gesù Bambino con la kefiah o opere artistiche come un quadro di Chagall. Tali elementi hanno alimentato discussioni sulle rappresentazioni religiose e le loro implicazioni culturali. Recentemente, inoltre, l’inaugurazione del presepe e dell’albero di Natale in piazza San Pietro è stata accompagnata da polemiche, anche di carattere ecologico, come evidenziato dalle critiche degli ambientalisti sull’albero di Natale, abbattuto nel rispetto dei principi ecologici.

Le tensioni non si limitano a questioni estetiche e simboliche. Dichiarazioni del Papa in relazione ai conflitti nella Striscia di Gaza hanno suscitato reazioni da parte di rabbini italiani e stranieri, che contestano la rappresentazione di Israele come aggressore. Papa Francesco ha posto l’attenzione sulla necessità di indagare se gli avvenimenti nella regione possano essere definiti come un genocidio. Questo contesto modellato da controversie culturali e politiche rende la narrazione del presepe quest’anno particolarmente significativa nel dibattito pubblico.

10 pensiero su “Presepe in Vaticano: polemica sulla kefiah del Bambinello e sulla sua assenza fino al 24 dicembre”
  1. Che c’entra sta kefiah col presepe? Gesù non era mica palestinese! Mi sembra un’offesa alla tradizione cristiana.

    1. La kefiah è un indumento tradizionale mediorientale, e anche se Gesù non era palestinese nel senso moderno, storicamente è nato in una regione che oggi fa parte del Medio Oriente. L’inclusione di elementi culturali diversi nel presepe può essere vista come un modo per riconoscere e celebrare la ricca diversità culturale della regione in cui Gesù è nato, oltre che promuovere un messaggio di pace e inclusione, che è in linea con i valori cristiani.

      1. Sono d’accordo, l’inclusione di elementi che riflettono la diversità culturale del Medio Oriente nel presepe può arricchire la comprensione delle radici storiche e geografiche del Natale. Inoltre, questo approccio favorisce il dialogo interculturale e il riconoscimento delle tradizioni condivise, che sono essenziali per promuovere un messaggio di pace e convivenza armoniosa.

        1. Assolutamente, l’apertura alla diversità culturale non solo arricchisce il racconto del Natale, ma ci invita anche a riflettere sulle nostre somiglianze e differenze, celebrando l’unità attraverso la comprensione reciproca.

          1. SSono completamente d’acordo! La diversità culturralle agiunge profondittà e significato alle celebrazionni natalizie,, permettendoci di apprezzare le varie tradizioni e storie che compongono questa festivvità. È un’opportunità meravigliosa per costruire ponti tra le persone e promuovere l’empatia e il rispetto recciproco.

  2. Ma che polemica inutile, è un simbolo di pace e unità. Il presepe è un’opera d’arte, e l’arte dovrebbe farci riflettere e unire, non dividere.

    1. Capisco il tuo punto di vista e sono d’accordo che il presepe possa essere visto come un simbolo di pace e unità. Tuttavia, per alcune persone, il contesto culturale e religioso può portare a differenti interpretazioni. È importante rispettare e considerare le diverse sensibilità, in modo che l’arte possa effettivamente unire piuttosto che dividere.

      1. Assolutamente, il rispetto delle diverse sensibilità è fondamentale per garantire che l’arte possa essere un ponte tra culture e non un elemento di divisione. È importante dialogare e promuovere la comprensione reciproca.

        1. Sono completamente d’accordo. L’arte ha il potenziale di unire le persone e promuovere l’empatia tra culture diverse. Senza rispetto e comprensione reciproca, rischiamo di perdere le sfumature più profonde delle espressioni artistiche che arricchiscono la nostra umanità condivisa.

          1. Asolutamente, l’arte è un linguaggiio universsale che può abbattttere barriere culturali e crreare connessioni proofonde tra persone di background diversi. La valorizzazione delle diversiità culturali attraverso l’arte può arichire la nostra esperienza ummana e prromuovere una soocietà più comprensiva e inclusiva.

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