Durante una conversazione con Piero Chiambretti, emerge un ritratto complesso, ben lontano dal classico stereotipo dell’artista tragicamente sfortunato nella vita ma di successo nel lavoro. Chiambretti stesso puntualizza come la sua vita, al contrario, abbia avuto un percorso positivo non per sfortuna, ma per merito e bravura personali. Conosciuto al grande pubblico per le sue innovative trasmissioni televisive e per la sua inconfondibile presenza scenica al Festival di Sanremo o sui palcoscenici di Rai 3, Piero rivela un lato più intimo meno discusso, aperto solo a tratti, mantenendo le sue riflessioni personali ordinate e composte.
Non è particolarmente incline a parlare di sé o delle sue esperienze personali. La comunicazione e la televisione sembrano interessarlo più della sua vita privata. Secondo Chiambretti, il talento è una benedizione che nulla ha a che fare con circostanze negative come malattie o perdite, ma piuttosto una qualità innata che alcuni hanno e altri no. Il suo dono? Creare contenuti che lo riflettano, perché, come afferma, non è capace di nient’altro.
Il sogno di bambino di Chiambretti non era quello di un artista: da piccolo, aspirava a essere pompiere, ma poi comprese che le parole e le risate avrebbero giocato un ruolo centrale nella sua esistenza, sebbene mai avrebbe immaginato che potessero costituire una carriera. Fondamentale nella sua crescita è stata l’educazione ricevuta, un mix di esperienze tra compagni benestanti e amici della dura periferia, orchestrata dalla madre, l’unica figura di riferimento familiare, scomparsa prematuramente cinque anni fa a causa del Covid.
Un’affermazione iconica della madre di Chiambretti riguarda l’importanza delle scarpe come biglietto da visita di un uomo: devono essere sempre pulite e di qualità per garantire un buon portamento. Questa filosofia del dettaglio si radica profondamente anche quando la disponibilità economica era limitata.
La sua famiglia era non convenzionale: cresciuto senza una figura paterna riconosciuta, Piero, da bambino, talvolta inventava nel suo immaginario un padre assente per colmare quei vuoti. Questa particolarità familiare, invece di essere un ostacolo, ha forgiato il suo carattere, spingendolo a coltivare una grande stima e amore verso la madre, che, nonostante le avversità, non lo ha mai forzato verso scelte di vita convenzionali.
Dopo aver raggiunto il successo, Piero è stato in grado di far licenziare la madre dal suo lavoro e offrirle una nuova casa: un gesto liberatorio che le ha permesso di vivere la vita che non aveva potuto condurre per sostenere suo figlio in un contesto sociale restrittivo e giudicante. Chiambretti riflette anche sui progressi nel trattamento lavorativo delle donne, sebbene riconosca che ancora molta strada deve essere percorsa per l’uguaglianza.
Infine, un episodio della sua infanzia, segnato da una lunga convalescenza dovuta a un reumatismo, ha alimentato un’ipocondria che ancora lo accompagna. L’isolamento forzato, per quanto in parte dimenticato, ha lasciato un segno nel suo rapporto con la salute e la medicina, dimostrando quanto certe esperienze possano persistere oltre il tempo.
Questo ritratto di Chiambretti evidenzia un uomo complesso, artefice del proprio destino, capace di trasformare i propri limiti in strumenti per eccellere, mantenendo una visione lucida e realista della propria esistenza.