In queste settimane l’attenzione si è concentrata sulle nuove normative doganali statunitensi che, influenzate dalle politiche di Donald Trump, hanno fatto sì che molti viaggiatori europei esprimessero preoccupazione, inducendo alcuni a rinunciare a un viaggio oltre oceano. Il fenomeno dei respingimenti alla frontiera americana e dei fermi, che non è del tutto nuovo, sembra essersi intensificato, alimentato dal timore diffuso di inciampare in errori burocratici.

Uno degli episodi più emblematici è quello di Jessica Brösche, una cittadina tedesca di 29 anni, trattenuta per 46 giorni. Un altro caso riguarda Lucas Sielaff, un giovane di 25 anni, trasferito in manette in un centro di detenzione. Anche l’esperienza di Rebecca Burke, una cittadina britannica trattenuta per tre settimane per un errore nel visto, evidenzia la rinnovata severità. E un certo allarme è stato suscitato dall’espulsione di un ricercatore francese dopo il controllo delle sue email, provocando l’accusa di trasportare “documenti confidenziali”.

Ad avvalorare il percepito restringimento delle norme alla frontiera americana è un’analisi pubblicata dal Corriere della Sera, che ha osservato un calo significativo dei prezzi dei voli diretti verso gli Stati Uniti: cifre mai così basse da anni. Ad esempio, i collegamenti tra Milano e New York per il periodo tra Pasqua e inizio maggio sono disponibili a 433 euro andata e ritorno, incluse le tasse.

La diminuzione delle prenotazioni verso l’America è evidenziata dai dati del Financial Times, supportati dall’International Trade Administration (ITA), che mostrano un decremento del 17% nel numero di visitatori dall’Europa occidentale a marzo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Le compagnie aeree sono in una situazione straordinaria, vedendo una domanda debole, e alcune hanno ridotto le tariffe di volo fino al 60%, una pratica atipica poiché tradizionalmente i prezzi aumentano in prossimità della partenza.

Un sondaggio di Skift Research suggerisce che l’attuale instabilità politica negli Stati Uniti sta scoraggiando un numero crescente di turisti europei. In particolare, gli arrivi da Irlanda, Norvegia e Germania hanno subito una diminuzione superiore al 20%. Tra i motivi principali si possono annoverare le tensioni politiche, le condizioni economiche e l’intensificazione delle regole di ingresso.

La situazione italiana si presenta in modo leggermente diverso. Nonostante il calo globale, il mercato sembra reggere meglio e secondo l’International Trade Administration, nel mese scorso circa 80 mila italiani hanno viaggiato verso gli USA, rappresentando solo un calo del 3,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Se confrontato con il primo trimestre del 2024, i numeri del 2025 risultano praticamente stabili (+0,3%).

Gli operatori del settore turistico italiano sono cauti nella valutazione della situazione. Mario Vercesi, CEO di Gattinoni Travel, ha evidenziato che è ancora presto per trarre conclusioni definitive, dato che le misure non sono state ancora formalizzate completamente. Vercesi ha anche notato un incremento nei volumi per il 2025 rispetto al 2024 nella regione caraibica-Usa, con la sola eccezione di Cuba, e ha sottolineato che per il mese di agosto c’è un anomalo scompenso, probabilmente dovuto a questioni di prezzo e domanda concentrata su periodi differenti.

Anche Marco Peci, direttore commerciale di Quality Group, ha ribadito tale opinione: pur registrando un rallentamento delle prenotazioni di circa il 5%, egli attribuisce tale fenomeno nella maggior parte all’avvicinarsi di lunghi periodi festivi e ai ponti, che hanno distolto l’attenzione temporaneamente.

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