Nel contesto del film “Ritrovarsi a Tokyo”, diretto da Guillaume Senez, viene esplorata la complessa tematica delle dinamiche familiari in Giappone attraverso la storia di un tassista chiamato Jay Da Costa, interpretato da Romain Duris. Jay incarna le difficoltà dei genitori non affidatari in un sistema giuridico dove la legge della “continuità” avvantaggia il genitore che vive con il figlio, escludendo di fatto l’altro parentale.

Il film, ambientato nell’intricato scenario urbano di Tokyo, si dipana con un ritmo narrativo che svela lentamente, grazie a una sceneggiatura accurata e priva di spiegazioni ridondanti, il contesto legislativo nipponico che ostacola la condivisione della genitorialità. La trama prende una svolta inaspettata quando Jay, casualmente, scopre che una sua giovane cliente è in realtà sua figlia Lily, separata da lui anni prima dalla madre.

Attraverso il conflitto interiore di Jay e l’interazione con personaggi come la sorella Jessica e l’avvocatessa Michiko, emerge il ritratto di un uomo costretto a convivere con la frustrazione di un sistema che non riconosce il suo ruolo paterno. La cultura giapponese e le sue rigorose convenzioni sociali aggiungono ulteriore complessità al quadro, mettendo in evidenza le limitazioni e le opportunità di autocontrollo che Jay ha appreso, ma anche i rischi di repressione personale che ne conseguono.

L’interpretazione di Romain Duris rende con intensità il dilemma di un padre che, pur soffrendo per questa esclusione forzata, cerca un modo per far percepire a sua figlia la propria presenza paterna senza infrangere i fragili equilibri che lo vincolano. Il film si sviluppa evitando conclusioni semplicistiche, scegliendo piuttosto di suggerire come, talvolta, l’assenza di un finale “felice” possa comunicare una verità più profonda e universale.

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