Il mondo del cinema è in lutto per la perdita del regista Mirko Locatelli, scomparso all’età di 50 anni a Casorzo Monferrato, piccolo comune in provincia di Asti dove aveva deciso di vivere. Locatelli, originario di Milano e nato il 22 ottobre 1974, è deceduto dopo una breve malattia. Questo cineasta, nonostante una vita caratterizzata da sfide personali, è stato in grado di creare opere di profonda sensibilità e complessità.

A seguito di un incidente stradale durante l’adolescenza, Locatelli rimase tetraplegico. Tuttavia, la sua condizione fisica non fu mai una parte centrale della sua identità, preferendo concentrarsi sulla sua passione principale: il cinema. In precedenza, aveva nutrito un forte interesse per l’archeologia, materia della sua tesi di laurea. Aveva descritto il suo lavoro nel cinema come un processo di “scavo”, in cui i personaggi e le storie venivano portati alla luce attraverso un attento lavoro di introspezione.

La collaborazione con la moglie, Giuditta Tarantelli, fu fondamentale per la sua carriera. Insieme, fondarono la casa di produzione Officina Film nel 2002, lavorando su spot pubblicitari, cortometraggi e documentari. Tra i progetti più significativi, il film che lo portò alla ribalta fu “Il primo giorno d’inverno”, presentato al Festival di Venezia nel 2008. La pellicola racconta la storia di Valerio, un ragazzo solitario la cui vita cambia drammaticamente dopo un incontro inaspettato.

I film di Locatelli esplorano temi complessi come l’adolescenza e la disabilità. Le sue opere, tra cui “I corpi estranei” e “Isabelle”, trattano argomenti di vita con una delicatezza unica. “I corpi estranei” narra la storia di un padre e di suo figlio malato di tumore, mentre “Isabelle” esplora la vita di una madre e di una figlia sconvolte dall’arrivo di un giovane in crisi. L’ultimo progetto di Locatelli, “La memoria del mondo”, si concentra su identità perdute e legami nascosti che riemergono dal passato.

Locatelli fece del cinema una forma di espressione pura, non influenzata dalla sua disabilità fisica. Egli credeva fermamente che la vera uguaglianza si manifestasse attraverso la poetica delle opere cinematografiche, indipendentemente dalle condizioni fisiche del regista.

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