Schengen, una volta simbolo del libero movimento e della cooperazione europea, sta attraversando una fase di incertezza. Quaranta anni fa, rappresentanti di Belgio, Germania, Lussemburgo, Francia e Paesi Bassi si incontrarono simbolicamente su una barca nel fiume Mosella per siglare un accordo che avrebbe portato all’eliminazione dei controlli alle frontiere interne. Questo gesto ha segnato l’inizio di una delle più grandi aree di movimento libero al mondo, coinvolgendo oggi 450 milioni di persone da 29 nazioni, incluse quattro che non appartengono all’Unione Europea.
Tuttavia, attualmente, la zona Schengen è messa alla prova dal ritorno dei controlli alle frontiere. Dal giugno scorso, 11 paesi, tra cui Austria, Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi, hanno informato la Commissione Europea della loro intenzione di ripristinare tali controlli. Questi provvedimenti, sebbene temporanei, si sono spesso trasformati in protrazioni durature, indebolendo l’integrità dell’accordo Schengen.
Il deputato europeo Juan Fernando López Aguilar ha espresso preoccupazione per il progressivo indebolimento dell’area di libero movimento, iniziato con la chiusura delle frontiere durante la pandemia per contrastare il Covid-19. In molti paesi, la migrazione è diventata il pretesto per mantenere i controlli interni. La Germania, ad esempio, ha giustificato tale misura con la necessità di affrontare minacce alla sicurezza pubblica, aggravate dalla migrazione irregolare.
Anche altri paesi, tra cui Slovenia, Italia, Austria e Bulgaria, hanno citato la migrazione come causa principale per il ritorno dei controlli. La Commissione Europea, nel suo recente rapporto, ha definito queste misure una “deroga” ai principi fondanti dell’UE, sottolineando che i controlli sono spesso non sistematici. Critiche sono state mosse alla Commissione per la mancanza di verifiche sull’efficacia e proporzionalità di tali piani.
L’importanza di Schengen è legata alla protezione delle frontiere esterne e alla cooperazione tra le forze di polizia europee. La Commissione si è impegnata a rafforzare i controlli esterni e garantire che gli stati membri abbiano gli strumenti adeguati per gestire le sfide migratorie e di sicurezza.
Tuttavia, c’è chi teme che il ritorno dei controlli possa minare lo spirito di cooperazione e integrazione europea che Schengen rappresenta. Le autorità lussemburghesi, ad esempio, hanno espresso il loro disappunto, vedendo nei nuovi controlli una minaccia per i loro cittadini e pendolari. Il ministro degli Affari interni del Lussemburgo ha sottolineato la necessità di mantenere vivo il progetto europeo, smantellando barriere più mentali che fisiche.
In conclusione, Schengen continua a essere una pietra miliare del progetto europeo, ma la sua evoluzione e sostenibilità dipendono da un delicato equilibrio tra sicurezza e libertà di movimento. L’urgenza è evitare che le complessità del presente cancellino i progressi del passato, garantendo un’Europa senza frontiere per le generazioni future.