Durante un recente incontro del Consiglio generale degli affari dell’Unione Europea, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha incontrato un ostacolo significativo. I rappresentanti delle nazioni europee hanno respinto la sua iniziativa di includere il catalano, il basco e il galiziano tra le lingue ufficiali dell’UE. Questa sconfitta politica potrebbe mettere a repentaglio la capacità di Sánchez di approvare una nuova legge di bilancio e di rispondere alle crescenti richieste di aumento della spesa per la difesa da parte della NATO.
Nel 2023, per ottenere l’appoggio essenziale del partito separatista catalano Junts e formare un nuovo governo di minoranza, Sánchez aveva promesso di inserire queste lingue nell’elenco delle lingue ufficiali dell’UE. Per quasi due anni, il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha lavorato per ottenere il necessario consenso unanime sulla proposta, visto come cruciale per la stabilità politica in Spagna. Tuttavia, a dispetto dello sforzo diplomatico, la prospettiva è stata in stallo. I paesi dell’UE si sono dimostrati da subito scettici e alla fine hanno deciso di rinviare indefinitamente la votazione, anziché bocciarla direttamente.
In un incontro a porte chiuse, almeno dieci paesi hanno sostenuto il ritiro della proposta dall’agenda, mettendo Sánchez in una posizione difficile, dato il ruolo chiave del Junts nel garantire il passaggio delle leggi del suo governo minoritario. Nonostante un esponente del Junts abbia riconosciuto gli sforzi sinceri compiuti da Madrid e i suoi diplomatici, ha evitato di rivelare se il partito intenda ritenere Sánchez responsabile per il mancato rispetto dell’accordo di sostegno.
L’adesione della proposta spagnola è stata particolarmente complicata dalle preoccupazioni sui costi associati. La traduzione di documenti UE in nuove lingue ufficiali comporterebbe un notevole aumento delle spese per le traduzioni. Inoltre, l’introduzione di queste lingue avrebbe potuto incoraggiare altre minoranze linguistiche in Europa a fare richieste simili. Per affrontare queste preoccupazioni, i diplomatici spagnoli avevano preparato un regolamento, presentato martedì, in cui si impegnavano a coprire i costi derivanti dal riconoscimento delle lingue. Il testo cercava inoltre di sottolineare l’unicità della proposta spagnola, data la co-ufficialità di catalano, basco e galiziano a livello nazionale.
Ciononostante, le perplessità degli stati membri dell’UE, specialmente riguardanti le conseguenze finanziarie, sono rimaste. Se da un lato la Spagna si era offerta di coprire i costi, tale impegno va oltre i precedenti del bilancio settennale dell’UE e ha suscitato dubbi sulla sua legalità e la sua durabilità nel tempo. Funzionari europei hanno espresso preoccupazione sul carattere vincolante di questo impegno per i futuri governi spagnoli.
Vari rappresentanti europei hanno sottolineato la necessità di un ulteriore esame della proposta. La Segretaria di Stato croata per l’Europa, Andreja Metelko-Zgombić, pur apprezzando lo sforzo spagnolo, ha richiesto uno studio più dettagliato sulle ricadute legali e finanziarie della proposta. Simili preoccupazioni sono state espresse da figure governative di Austria, Svezia e Finlandia, con quest’ultima che ha menzionato specifiche questioni legali come motivo per considerare la proposta non ancora pronta per un voto.
A Madrid, la Ministra dell’Istruzione e Portavoce del Governo, Pilar Alegría, ha dichiarato che la Spagna continuerà a impegnarsi per il riconoscimento della propria diversità linguistica in Europa, promettendo di ripresentare la proposta in futuro.