Nella città di Los Angeles, per la prima volta dall’inizio delle manifestazioni, la sindaca Karen Bass ha deliberato l’introduzione di un coprifuoco nel centro cittadino, valido dalle ore 20 alle ore 6 del giorno successivo. Questa decisione è stata presa in risposta alle pressanti richieste degli abitanti, preoccupati dopo che 23 negozi erano stati saccheggiati e svariate facciate imbrattate da graffiti. Parallelamente, il governatore del Texas ha reso noto il dispiegamento della Guardia nazionale statale al fine di garantire la sicurezza.
Bass, ben consapevole dell’attenzione mediatica sfruttata dal presidente Trump e dai suoi sostenitori, ha puntualizzato che l’area soggetta a restrizioni copre solo due chilometri quadrati e mezzo. In questa metropoli di 1300 km², vi abitano 100mila persone su un totale di 4 milioni di residenti. Durante la notte, l’area è stata caratterizzata dal suono incessante delle sirene della polizia e dagli elicotteri in volo. Sebbene la maggioranza dei manifestanti si sia dispersa un’ora dopo l’inizio del coprifuoco, intimoriti dalla massiccia presenza delle forze dell’ordine, piccoli gruppi rimasti in strada sono stati inseguiti ed arrestati. Gli ultimi giorni hanno visto un incremento degli arresti: 27 venerdì, 40 sabato, 114 domenica e 197 lunedì.
Nonostante vi sia stato un certo grado di supporto per le manifestazioni, visibile attraverso le automobili che sventolavano bandiere messicane in segno di solidarietà, alcuni cittadini di discendenza ispanica hanno criticato il lancio di insulti e pietre contro le forze dell’ordine, ritenendo che tali azioni non giovano alla causa e rischiano di avvantaggiare Trump.
La sindaca Bass ha nuovamente sollecitato il presidente Trump a ritirare le 4.000 truppe della Guardia Nazionale e i 700 Marine, oltre a fermare i raid dell’ICE, l’agenzia federale per l’immigrazione, che stanno seminando ulteriore tensione e paura tra la popolazione locale. Nonostante le affermazioni di Trump, secondo cui senza l’intervento delle truppe federali Los Angeles “sarebbe bruciata”, le operazioni di gestione delle proteste sono state condotte principalmente dalla polizia locale, supportata dalle forze degli sceriffi e da altre agenzie, mentre la Guardia nazionale si è limitata a presidiare gli edifici pubblici.
Il presidente Trump, nel suo discorso a Fort Bragg, in North Carolina, ha definito le proteste di Los Angeles una “invasione straniera”, indicando le bandiere esibite dai manifestanti come prova di influenze esterne. Nel frattempo, il governatore Gavin Newsom ha risposto con un discorso televisivo in cui accusa Trump di abuso di potere, di alimentare le tensioni, avvertendo il pubblico che la democrazia americana è a rischio. Newsom ha enfatizzato che l’invio di truppe addestrate alla guerra compromette l’essenza della democrazia americana, accusando il sistema politico di aver perso il suo equilibrio di controllo e bilanciamento.
Il governatore Newsom ha presentato una mozione d’urgenza presso un tribunale federale per impedire alla Guardia Nazionale e ai Marines di partecipare ai raid contro gli immigrati; tuttavia, tale mozione è stata respinta. Le manifestazioni continuano ad estendersi in diverse città degli Stati Uniti come New York, Chicago e San Francisco, con la partecipazione di giovani che sventolano insieme la bandiera americana e quelle dei loro paesi d’origine.
Il generale Eric Smith, comandante dei Marines, ha riferito al Senato che il battaglione inviato a Los Angeles, addestrato al controllo delle folle, è in attesa di ordini specifici. Sebbene la sua autorità sia limitata alla protezione delle proprietà e degli agenti federali, non è stato ancora mobilitato per intervenire direttamente.
L’amministrazione di Trump prevede di inviare 9.000 migranti a Guantanamo, giustificando le deportazioni con la necessità di liberare spazio nei centri di detenzione negli Stati Uniti. I media riportano che tra questi individui potrebbero esserci cittadini di vari paesi europei, tra cui Italia e Germania.
La discussione attorno alle proteste e alle risposte dell’amministrazione federale continua, generando forti divisioni politiche e sociali nel paese.