Di recente, il gruppo yemenita filo-iraniano Ansar Allah, comunemente chiamato Houthi, ha affermato di aver colpito l’aeroporto Ben Gurion vicino a Tel Aviv con un missile balistico. Secondo un comunicato diffuso dall’agenzia di stampa yemenita «Saba», gli Houthi avrebbero realizzato con successo una «operazione militare qualitativa» impiegando un missile balistico ipersonico, denominato Palestine 2, che sarebbe riuscito a eludere i sistemi di difesa israeliani. Inoltre, gli Houthi avrebbero lanciato due droni dallo Yemen, puntando a due obiettivi israeliani, uno militare e l’altro di importanza strategica, nelle zone di Tel Aviv e Ashkelon.
Tuttavia, le Forze di difesa israeliane (Idf) smentiscono queste affermazioni, sostenendo che il missile si è disintegrato in aria prima di raggiungere il suolo, con detriti finiti in una zona centrale di Israele senza provocare gravi danni. Parallelamente, le Idf dichiarano di aver neutralizzato un drone nel sud del Paese, mentre l’altro è presumibilmente precipitato prima di entrare in territorio israeliano.
Nel contesto di tensioni internazionali, la questione degli ostaggi nella Striscia di Gaza continua a preoccupare le autorità. Da Washington, il presidente Donald Trump ha espresso la sua opinione dicendo che «probabilmente meno di 20» degli ostaggi a Gaza siano ancora vivi, mettendo in discussione i dati ufficiali israeliani e alimentando l’angoscia tra le famiglie degli ostaggi. Trump ha inoltre condannato le azioni di Hamas come una forma di «estorsione» e ha condiviso di aver contribuito al rilascio di numerosi ostaggi. Gal Hirsch, rappresentante israeliano per gli affari riguardanti gli ostaggi, ha ribattuto che Israele mantiene la cifra ufficiale di venti ostaggi ancora in vita con gravi preoccupazioni per due di essi, mentre ventotto risultano deceduti.
Sul piano diplomatico, il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldkamp ha annunciato le sue dimissioni in seguito al fallimento del governo olandese di trovare un consenso sulle sanzioni nei confronti di Israele. La sua dichiarazione alla stampa sottolinea le difficoltà incontrate nei negoziati sulle politiche di espansione israeliane, viste come inaccettabili a livello internazionale.
Intanto, la situazione umanitaria a Gaza continua a deteriorarsi drammaticamente. Hadja Lahbib, commissario europeo per gli Aiuti umanitari, ha sollevato un allarme sulla crisi alimentare che strazia la popolazione locale, specialmente i bambini. Le Ong e le agenzie delle Nazioni Unite si appellano alla comunità internazionale affinché Israele consenta il passaggio sicuro degli aiuti per alleviare la sofferenza nella regione.
All’interno di Israele, le famiglie degli ostaggi si preparano a manifestare su larga scala, esprimendo frustrazione verso il governo guidato da Benjamin Netanyahu, accusando quest’ultimo di non agire abbastanza per un accordo di cessate il fuoco che possa portare al ritorno dei loro cari.
Parallelamente, Save the Children ha lanciato un ennesimo allarme sulla malnutrizione infantile a Gaza, con un numero allarmante di bambini a rischio imminente di morte per fame, aggravando ulteriormente la già critica situazione umanitaria.
In sintesi, il contesto di conflitto in Medio Oriente continua a evolversi rapidamente, intrecciando crisi politiche, militari e umanitarie che provocano ripercussioni su scala globale.