Una nuova tattica militare si sta ripetendo nel cuore dell’Iran, modellata sulla strategia già applicata nel 2024 in Libano. Israele, infatti, sta replicando la modalità d’azione utilizzata per colpire i vertici di Hezbollah, implementando un approccio che diventa ancora più incisivo grazie alla cosiddetta “dottrina Dahiyeh”. Questa tattica, che prende il nome da un quartiere di Beirut, non si limita a bersagli mirati, ma mira alla distruzione sistematica delle infrastrutture. Tale escalation dipende dalle dinamiche politiche e dalle risposte dell’Iran alla pressione internazionale.

Nella giornata di ieri, mentre nel territorio israeliano si attivavano le sirene d’allarme a causa di missili che colpivano zone strategiche, Tel Aviv ha comunicato l’eliminazione di Ali Shamdani, nuovo Capo di Stato Maggiore, succeduto al generale Mohammed Bagheri, già vittima di un attacco. Le forze di difesa israeliane hanno dichiarato di aver colpito un centro di comando in cui si trovavano alti ufficiali iraniani, replicando così il modello libanese dove gli esponenti di Hezbollah venivano eliminati uno ad uno. Questo approccio ha consentito di raggiungere un risultato notevole colpendo leader che erano da tempo sulla lista nera, ma che riuscivano costantemente a evitare di essere neutralizzati.

Questa tattica è stata eseguita attraverso una combinazione di tecniche avanzate di intelligence, infiltrazioni e tecnologia militare, supportata da operazioni come quella che ha visto l’uso innovativo di cercapersone esplosivi gestiti dal Mossad. Anche in Iran, nonostante le difficoltà logistiche, si è ripetuto lo schema con operazioni mirate che hanno preso di mira figure di spicco tra i pasdaran e altri esponenti di rilievo, generando un impatto devastante sulla catena di comando della Repubblica Islamica.

Il successo di queste operazioni risiederebbe in un insieme di fattori, tra cui infiltrazioni interne, tradimenti, avanzamenti tecnologici e sporadiche collaborazioni con l’opposizione. Gli israeliani sarebbero riusciti a alterare i sistemi di comunicazione iraniani, ingannando gli ufficiali e inducendoli a radunarsi in luoghi dove sono stati colpiti da attacchi aerei.

Nel frattempo, proseguono le incursioni israeliane che hanno coinvolto edifici governativi, centri di ricerca, e infrastrutture strategiche a Teheran, provocando esplosioni e invitando la popolazione a evacuare determinati quartieri, rievocando scenari già visti in Libano e Gaza. In risposta, anche l’Iran ha intrapreso azioni simili contro Israele, colpendo impianti cruciali come la raffineria di Haifa.

Infine, emerge un messaggio chiaro e determinato da parte del governo israeliano guidato da Netanyahu, che sembra considerare la Guida Suprema iraniana, Alì Khamenei, come un obiettivo legittimo di rileffite minacciando una sorte simile a quella riservata a Saddam Hussein. Il conflitto appare quindi destinato a intensificarsi ulteriormente, con rischi considerevoli soprattutto per la popolazione civile coinvolta in questi atti di guerra.

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