Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ritorna sotto i riflettori internazionali in seguito ai negoziati passati, mentre le prospettive di pace tra Russia e Ucraina appaiono ancora distanti. Le fazioni, infatti, non sembrano avvicinarsi: da un lato, Vladimir Putin ambisce a mantenere il controllo dei territori acquisiti con la forza e, soprattutto, imporre il suo dominio sulla sovranità ucraina. Dall’altro, Volodymyr Zelensky intende smascherare le intenzioni russe, mantenendo il più alto livello di indipendenza politica da Mosca e rafforzando le capacità difensive in collaborazione con l’alleanza occidentale.
È in questo contesto che l’offerta di negoziazione di Zelensky al leader russo emerge: “Sono disposto ad incontrarti personalmente in Turchia, se accetti un cessate il fuoco immediato”, afferma, consapevole del probabile rifiuto del Cremlino. L’importante è che Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, resti saldo all’interno del fronte NATO, proseguendo con la pressione sanzionatoria verso la Russia, in seguito ai recenti segnali di cambiamento rispetto alle sue precedenti posizioni filo-russe.
La proposta di Zelensky, che include una tregua preliminare, sembra essere una risposta alle imprevedibili mosse di Trump, il quale, dopo essersi mostrato favorevole alla tregua durante l’incontro con i leader europei a Kiev, ha sorpreso tutti suggerendo a Zelensky di accettare le condizioni proposte da Putin. Questa strategia mira a mettere a nudo l’incertezza di Trump e costringere Putin a mostrare le sue vere intenzioni.
Nel frattempo, Mosca e Kiev continuano a rimpallarsi le responsabilità per il mancato progresso dei negoziati. Non stupisce che Putin eluda l’offerta di un cessate il fuoco immediato di 30 giorni, proposto da Europa e USA, proponendo invece la sua interpretazione degli “accordi di Istanbul” come base delle trattative.
La questione stessa degli accordi è altamente controversa. Putin fa riferimento agli incontri iniziati in Bielorussia e proseguiti in Turchia all’inizio del conflitto. Il Cremlino sosteneva che un accordo di pace fosse imminente, ma la resistenza di diversi leader occidentali, tra cui l’ex premier britannico Boris Johnson, portò Zelensky a ritirarsi dalle trattative. Tuttavia, nessun memorandum ufficiale è stato mai firmato.
Un rapporto del New York Times del giugno 2024 dettagliava lo stato delle trattative, con Zelensky disposto a cedere la Crimea e parte del Donbass senza riconoscere la sovranità russa, in cambio di un negoziato sulla sovranità futura. L’Ucraina avrebbe potuto aderire all’UE, ma non alla NATO. I russi volevano limitare le capacita militari ucraine, ma l’impasse fu raggiunta quando Mosca insistette per un veto sugli aiuti occidentali in caso di attacco all’Ucraina.
La mediazione turca non incontra invece particolari opposizioni. Entrambe le parti hanno riconosciuto il ruolo di Erdogan, soprattutto in merito all’accordo sul transito del grano nel Mar Nero e gli scambi di prigionieri, nonostante le tensioni degenerarono a causa di iniziative russe.