La Commissione europea ha messo in allerta le capitali nazionali sull’intenzione di respingere alcune delle richieste di salvaguardia per beni sensibili riguardo le tariffe di rappresaglia pianificate contro i prodotti statunitensi. Questo avviso emerge in un contesto di delicate trattative commerciali con l’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Come riportato da alcune fonti diplomatiche e funzionari dell’UE a POLITICO, l’Unione Europea punta a mantenere una posizione negoziale solida.

Durante un incontro riservato, la Commissione ha illustrato che, se venissero accolte tutte le richieste avanzate dai Paesi membri, le misure di rappresaglia del blocco riguarderebbero appena 25 miliardi di euro di esportazioni americane, rispetto ai 95 miliardi originariamente previsti come contrapposizione alle politiche tariffarie “reciproche” di Trump, specialmente sui veicoli. Pertanto, è cruciale che le capitali siano disposte a raggiungere un compromesso, se l’Unione vuole dimostrarsi capace di rispondere con fermezza alle iniziative tariffarie statunitensi.

Le discussioni tra Bruxelles e Washington si avvicinano a un momento decisivo, con la possibilità che Trump innalzi le tariffe su gran parte delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, portandole dal 10% al 50%. La Commissione, che gestisce la politica commerciale per i 27 Paesi membri, ha consultato governi e aziende su una possibile seconda serie di beni su cui applicare le tariffe entro la metà di luglio, qualora gli Stati Uniti e l’UE non riuscissero a risolvere la disputa commerciale in corso.

Paesi membri dell’UE, preoccupati per eventuali ritorsioni, richiedono la rimozione di beni sensibili dalle liste. Ad esempio, Francia, Italia e Irlanda hanno già chiesto l’eliminazione del bourbon whiskey dalla prima serie di misure di rappresaglia, in risposta alla minaccia americana di applicare un dazio del 200% su vini, champagne e altri alcolici europei. Questa prima serie di rappresaglie non è ancora stata implementata.

Tra gli Stati che esprimono maggiore preoccupazione c’è l’Irlanda, un importante esportatore di prodotti farmaceutici verso gli Stati Uniti e sede europea di numerose aziende tecnologiche della Silicon Valley. La Germania, a sua volta, sta cercando un accordo negoziato per tutelare la propria significativa industria automobilistica dalle tariffe, con il ministro dell’Economia, Katharina Reiche, che questa settimana è volata a Washington D.C. per discutere della situazione. La Commissione europea ha scelto di non commentare sulla questione attuale.

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