L’indagine sulla morte di Liliana Resinovich, a quattro anni dalla tragica scomparsa, ha subito una svolta significativa. La Procura di Trieste, guidata dalla PM Ilaria Iozzi, ha accusato Sebastiano Visintin, marito della vittima, di essere il responsabile dell’aggressione e soffocamento che avrebbe portato alla morte di Liliana. Questo sviluppo investigativo segue la richiesta di incidente probatorio, riportata dal quotidiano Il Piccolo, e sembra supportato dai risultati della perizia condotta da Cristina Cattaneo e altri esperti.

Secondo la perizia, Liliana sarebbe stata assassinata dal coniuge nel parco dell’ex ospedale psichiatrico, luogo in cui il suo corpo è stato rinvenuto il 5 gennaio 2022, avvolto in grandi sacchi neri tipicamente usati per i rifiuti solidi urbani. Il documento descrive con precisione le lesioni subite dalla vittima, tra cui afferramenti e compressioni, urti e graffi localizzati sul capo, mano destra, torace e arti. Tali atti violenti hanno portato al decesso della donna tramite soffocazione meccanica esterna, causata da compressione diretta sul volto.

Gli eventi che hanno portato alla riapertura delle indagini includono anche la testimonianza di Claudio Sterpin, compagno di lavoro e amico di Liliana, che ha rivelato una relazione di amicizia speciale tra di loro. Tale legame avrebbe portato il desiderio di una convivenza, creando tensioni coniugali. Il fratello di Liliana, Sergio Resinovich, aveva già sollecitato una revisione dell’inchiesta, ritenendo inaccettabile l’ipotesi di suicidio.

Alcuni indizi aggiuntivi sono emersi da un’intervista con Jasmina Zivkovic, albergatrice e amica di Liliana, che aveva evidenziato le crescenti tensioni tra la vittima e Sterpin, oltre alla richiesta di due camere singole, dimostrando il deterioramento dei rapporti con il marito.

Con l’acquisizione di nuove prove, la magistratura sembra avvicinarsi sempre più a chiudere il cerchio attorno alla figura di Sebastiano Visintin, oltrepassando la soglia dei semplici sospetti.

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