Nato nel 1993 a Milano, nel cuore di una delle metropoli italiane più dinamiche e multietniche, Ghali ha trascorso la sua infanzia e adolescenza tra i quartieri di via Padova e Baggio, assorbendo profondamente la cultura locale. Italiano di nascita, ha sempre parlato l’italiano con maggiore disinvoltura rispetto all’arabo, lingua ancestrale legata alle sue origini tunisine. Va sottolineato, tuttavia, che nonostante il suo radicamento in Italia, Ghali ha ottenuto ufficialmente la cittadinanza solo al compimento dei 18 anni, riflettendo una realtà complessa e burocraticamente sfidante per molti figli di immigrati.
La sua storia familiare è segnata dalle esperienze di sua madre, che ha lasciato la Tunisia in giovane età con nient’altro che una borsa in mano. In Italia ha trovato un rifugio, ma solo anni dopo, e soltanto grazie al percorso di cittadinanza del figlio, è riuscita a regolarizzare la propria posizione. Entrambi conoscono bene il peso di un documento, capace di condizionare il corso della vita.
In questo contesto, Ghali si fa promotore di cambiamenti sociali, con particolare attenzione al tema dei diritti di cittadinanza. In vista delle votazioni italiane dell’8 e 9 giugno, evidenzia quanto importante sia questo referendum. Secondo lui, è una questione di riconoscimento di diritti, lavoro e appartenenza civile a un Paese che – per molti – è già casa, anche se amministrativamente non lo rispecchia. Attualmente, la legge italiana richiede 10 anni di residenza per poter richiedere la cittadinanza, ma Ghali sostiene che cinque anni sarebbero sufficienti per sancire l’appartenenza di una persona a una comunità.
Le sue parole su Instagram risuonano nel dibattito pubblico, mettendo in luce le contraddizioni di un sistema che, nonostante i contributi significativi al tessuto sociale e fiscale del Paese, ancora fatica a riconoscere pienamente chi contribuisce da tempo alla vita nazionale. Ghali offre la sua prospettiva di uomo italiano con radici tunisine, un’identità che spesso lo posiziona tra due mondi, senza la possibilità di sentirsi totalmente accolto da nessuno dei due.
Esortando alla partecipazione al voto, punta i riflettori sul fatto che l’assenza del 50% più uno degli elettori annullerebbe il senso dell’intero processo referendario. Richiede una partecipazione attiva, un coinvolgimento che vada oltre il mero consenso teorico.
Attraverso i suoi messaggi, Ghali invita il pubblico a non restare spettatori passivi di fronte alle ingiustizie globali, ma a impegnarsi nella costruzione di un cambiamento locale tangibile e condiviso. In definitiva, la sua voce si eleva forte e chiara, rappresentativa delle aspirazioni di molti che vedono anche in un “semplice” documento il riconoscimento di una dignità umana e sociale attesa a lungo.