La chiusura del corridoio aereo centrale tra Iraq e Iran, a causa delle tensioni militari tra Israele e Teheran, ha significato una significativa ridistribuzione delle rotte utilizzate dalle compagnie aeree tra Europa e Asia Meridionale. Due alternative principali sono ora in uso: una che attraversa l’Arabia Saudita e un’altra che passa sopra l’Afghanistan. Tuttavia, quest’ultima rotta solleva serie preoccupazioni tra i piloti e le autorità aeronautiche internazionali.
Il punto nodale delle preoccupazioni risiede nei cieli afghani, controllati dai talebani. Nonostante il sorvolo non sia strettamente vietato, esistono limitazioni significative riguardanti la quota minima di volo, stabilita a 32 mila piedi per garantire un margine di sicurezza, a causa dei potenziali rischi derivanti da missili terra-aria e dell’assenza di controllo del traffico aereo nella regione. I piloti sono quindi costretti a mantenere un’altezza considerevole per tutta la durata del transito.
Le autorità afghane hanno recentementeenunciato un “Notam” per gestire l’aumento del traffico aereo nella zona. Questo documento richiede ai velivoli di mantenere un intervallo di sicurezza di almeno 15 minuti dal velivolo precedente per consentire un traffico ordinato, nonostante la mancanza di supervisione effettiva a terra. Questo obbliga i paesi vicini a regolare il flusso prima che gli aeromobili entrino nello spazio aereo afghano.
Ma le sfide non si fermano qui. Dal momento dell’ingresso nello spazio aereo afghano, ogni manovra è strettamente regolamentata. Non è possibile modificare né velocità né quota, salvo in situazioni di emergenza o per evitare altri aeromobili. Questo scenario rende impossibile discutere apertamente dei rischi associati all’atterraggio di emergenza nel paese, sebbene le compagnie elaborino piani di contingenza nel caso si rendesse necessario.
In caso di emergenza e necessità di atterraggio forzato, la situazione diventa ancora più critica. L’aeroporto di Kabul, destinazione più probabile, è privo di personale per gestire gli avvicinamenti e le operazioni in torre di controllo, privando così equipaggi e passeggeri di qualsiasi certezza di assistenza e sicurezza. L’assenza di supporto consolare nel paese per molti Stati occidentali complica ulteriormente la situazione.
Infine, queste deviazioni comportano anche un maggior consumo di cherosene poiché i voli devono essere pianificati per permettere l’uscita dallo spazio aereo per raggiungere un paese più sicuro in caso di necessità. La combinazione di questi fattori evidenzia le complessità e i rischi crescenti per le compagnie e i viaggiatori che si trovano nel bel mezzo di un’area di tensioni geopolitiche in continua evoluzione.