La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha recentemente emesso una sentenza di portata storica, condannando l’Italia per la mancata gestione del problema dei rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi, un’area situata a Nord di Napoli. Tuttavia, resta il timore che questa decisione non produca immediati cambiamenti concreti. Da oltre tre decenni, precisamente dal 1988, i continui smaltimenti illegali e l’interramento di rifiuti ordinari e tossici hanno deturpato la zona, colpendo prima le coltivazioni locali e successivamente l’intero ecosistema, portando a gravi problemi di salute per la popolazione.
Malgrado le evidenti ripercussioni sulla salute pubblica, documentate da studi come quello dell’Istituto Nazionale per i Tumori Pascale di Napoli, la politica ha spesso sminuito la questione, trattandola come una semplice inefficienza nella gestione dei rifiuti piuttosto che un sistema criminale complesso. Tale sistema vede un intreccio di interessi tra imprese, organizzazioni camorristiche e politica, il tutto alimentato da ingenti profitti.
L’area viene denominata Terra dei Fuochi, nome ispirato dall’immagine di numerosi falò visti da Magellano mentre attraversava l’arcipelago sudamericano. Tali fuochi, che bruciano rifiuti speciali per ridurre il volume e liberare spazio per altri scarti, rappresentano solo una parte del problema, dato che i barili di rifiuti tossici vengono spesso sepolti insieme al pianale del camion che li trasporta.
Le denunce sono state difficili da portare avanti. Un esempio emblematico è quello dell’ispettore della Criminalpol Roberto Mancini, il quale ha perso la vita a causa del suo impegno investigativo in quelle zone. Nonostante i dati sconcertanti, la comunità scientifica stessa ha mostrato resistenze a riconoscere il legame tra l’inquinamento e i tassi di mortalità per tumore nella regione.
Nel 2015 è stata scoperta dal Corpo Forestale la più grande discarica di rifiuti tossici d’Europa nel casertano. Uno studio del 2016 dell’Istituto Superiore di Sanità ha rilevato un’incidenza di tumori nella Terra dei Fuochi superiore dell’11% rispetto alla media nazionale. Queste evidenze, ignorate per anni, rendono la sentenza della Corte di Strasburgo particolarmente significativa.
Secondo quanto stabilito dalla sentenza, l’Italia ha ora due anni per sviluppare una strategia organica che includa un monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica. Tuttavia, la sfida rimane anche a livello politico, poiché il problema non riguarda solo le amministrazioni locali ma è legato a responsabilità diffuse in tutto il Paese. Diverse aziende hanno scelto di smaltire i propri rifiuti speciali a costi ridotti, alimentando il business illegale dei rifiuti gestito dalla criminalità organizzata campana.
Il caso di Nicola Cosentino, ex viceministro all’Economia condannato per infiltrazioni camorristiche nella gestione dei rifiuti, è emblematico del legame tra politica e rifiuti. Saviano invita Cosentino a collaborare con la giustizia per svelare le complici politiche e imprenditoriali che hanno lucrato su questa tragedia, esortandolo a rompere il silenzio protettivo dietro il quale molte carriere si sono costruite.
Il periodo per il cambiamento è adesso, e la sentenza della Corte rappresenta un’opportunità che non dovrebbe essere sprecata. Il rischio è che tutto resti immutato, perpetuando un dannoso silenzio pagato a caro prezzo in termini di vite umane e degrado ambientale. La speranza è che finalmente si agisca concretamente per restituire dignità e sicurezza alla Terra dei Fuochi e ai suoi abitanti.
Non ci posso credere che ci siano voluti 30 anni per riconoscere questo problema. Chissà se adesso faranno veramente qualcosa o tutto resterà come sempre.
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