Alla fine di novembre del 1980, l’ex baronessa Jeannette Bishop May, una figura di rilievo nella società internazionale, e la sua amica e assistente Gabriella Guerin scomparvero misteriosamente nelle montagne di Sarnano, nei Monti Sibillini. Le due donne erano state avvistate per l’ultima volta dal geometra Nazzareno Venanzi, che le aveva accompagnate a visitare un portale per un casolare che la baronessa stava curando. Dopo aver bevuto un aperitivo con lui, declinando l’invito di seguirle in montagna, furono viste per l’ultima volta.

Il mistero si infittì quando, giorni dopo, l’automobile delle due donne fu ritrovata sommersa dalla neve vicino alla baita Galloppa. Solo quattordici mesi dopo i resti dilaniati dagli animali e dalle intemperie furono scoperti in un bosco vicino al Lago di Fiastra. Vicino ai resti furono trovati una borsetta, un orologio e una collanina, con l’orologio fermo al 12 dicembre, suscitando dubbi se fossero ancora vive a quella data o se qualcuno avesse manipolato la scena per depistare le indagini.

L’esistenza della baronessa, ex moglie del noto banchiere Evelyn de Rothschild, appassionata di antiquariato, era affascinante e intricata, alimentando diverse teorie sull’accaduto. Alcuni collegarono la sua scomparsa a una rapina miliardaria avvenuta l’indomani a Roma nell’asta di Christie’s, con telegrammi anonimi che lasciavano intendere un possibile collegamento tra i due avvenimenti. Indagini successive sollevarono interrogativi sull’associazione della baronessa con ambienti controversi, come l’antiquario Sergio Vaccari, ucciso nel 1982 a Londra.

Ulteriori teorie suggerirono il coinvolgimento di sequestratori sardi che operavano tra le Marche e il Centro Italia all’epoca, richiamando alla mente il rapimento del 1977 dell’imprenditore Mario Bottini. La Procura di Macerata, sotto la guida di Fabrizio Narbone, sta ora esplorando più a fondo queste piste, mettendo in dubbio l’ipotesi iniziale di un incidente. Gli investigatori sospettano che le due donne possano essere state trappolate nella baita Galloppa, tenute prigioniere per un periodo prima della morte.

Dalbert Hallenstein, giornalista investigativo di fama internazionale, seguendo il caso per il Sunday Times, descrisse la scena della baita come un rifugio utilizzato da più persone, trovando tracce compatibili con i capelli di Jeannette. Anche Carlo Felice Corsetti, all’epoca capitano dei carabinieri, non ha mai creduto alla tesi di un assideramento, collegando la vicenda alla rapina a Christie’s.

Restano incognite cruciali: se un riscatto fosse stato richiesto, sarebbe mai stato reso pubblico? Hallenstein sostiene che ciò sarebbe stato improbabile per una famiglia influente come i Rothschild. Comparazioni sono state fatte con il noto rapimento Getty nel 1973, e anche se nel caso della baronessa la situazione familiare era diversa, l’enigma persiste.

La Procura di Macerata continua le sue indagini, cercando di far emergere una verità storica da un mosaico di enigmi e suggestioni, nella speranza di fare giustizia alla memoria della baronessa e la sua assistente, le cui vite si intrecciano indissolubilmente con questo mistero tuttora irrisolto.

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