La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la designazione di un paese terzo come “paese di origine sicuro” deve essere soggetta a un controllo giurisdizionale effettivo. Questa decisione scaturisce dal caso relativo alla procedura di frontiera nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) in Albania, causando sorpresa nell’amministrazione italiana. Il governo italiano, che si è scontrato in passato con la magistratura europea per il blocco delle procedure di rimpatrio, ritiene che la giurisdizione stia rivendicando competenze che non le spettano.

La controversia ruota attorno alla nozione di “Paese sicuro” e alla sua applicazione all’interno delle procedure accelerate per le richieste d’asilo. Secondo la Corte, un cittadino di un Paese terzo potrebbe vedersi rigettare la domanda di protezione internazionale in un iter semplificato, qualora il suo Paese di origine sia stato qualificato come sicuro da parte di uno Stato membro, purché tale qualifica possa essere esaminata dal punto di vista giuridico.

Tale sentenza è divenuta particolarmente rilevante nel contesto italiano, dove la designazione di “Paesi di origine sicuri” è avvenuta tramite un atto legislativo a partire dall’ottobre del 2024. In Italia, Paesi come Bangladesh ed Egitto sono ritenuti “sicuri”, permettendo di esaminare con maggiore celerità le domande d’asilo di cittadini provenienti da queste nazioni.

La decisione della Corte europea ha suscitato numerose reazioni tra forze politiche e magistratura. Magistratura democratica ha accolto positivamente la sentenza, affermando che va a tutela di coloro che altrimenti rimarrebbero esclusi dalla presunzione di sicurezza. Altre critiche provengono da diversi esponenti politici: il presidente dell’Associazione nazionale magistrati sottolinea che la sentenza dimostra che nessuno remava contro il governo, mentre il Pd e altri partiti d’opposizione considerano la decisione della Corte come una sconfitta per il governo Meloni.

Dall’altro lato, esponenti del governo e della destra criticano aspramente la decisione della Corte, considerandola un affronto alla sovranità nazionale e alle politiche in tema d’immigrazione. Palazzo Chigi, in una nota ufficiale, esprime sorpresa e denuncia un presunto ampliamento delle competenze giurisdizionali europee a scapito delle decisioni politiche sovrane.

Questo recente sviluppo mette in evidenza il complesso equilibrio tra giurisdizione nazionale ed europea, e la continua tensione tra differenti interpretazioni del diritto all’interno dell’Unione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *