Dove si trova lo Stato palestinese che il presidente francese Emmanuel Macron intende riconoscere? La realtà è che non esiste. Quando nei cortei a favore della Palestina qualcuno invoca la liberazione del territorio “dal fiume Giordano al mare”, senza sapere realmente di cosa si parli, ignora che esiste già un unico Stato in quell’area, ed è quello israeliano. I palestinesi vivono all’interno di enclavi che non sono paragonabili a un’autentica entità statuale. Non dispongono di un sistema fiscale autonomo o della libertà di movimento, e non possono importare o esportare senza l’autorizzazione israeliana. La loro polizia si ritira all’arrivo dei soldati israeliani, e non hanno controllo su risorse essenziali come l’acqua, l’elettricità o internet. Inoltre, i palestinesi non votano da quasi vent’anni, e la loro vita è legata alla volontà dello Stato israeliano.
Il territorio di Gaza potrebbe essere l’uscita al mare per un possibile Stato palestinese. Un breve tratto di deserto separa Gaza dalla Cisgiordania, l’altra parte della prospettata Palestina. Sebbene sia possibile collegare queste due aree con infrastrutture adeguate, oggi Gaza si trova in una condizione miserevole. La storia della regione è ricca: dimora degli antichi filistei, la città ha visto periodi di prosperità molto prima dell’era cristiana. Tuttavia, dal 2005, Gaza è diventata una “prigione a cielo aperto”, con una popolazione cresciuta notevolmente dai 300.000 abitanti del 1949 ai 2,1 milioni attuali. Nell’ultimo periodo, la città è stata ridotta in rovine fisiche e psicologiche a causa dei continui conflitti. Nonostante il desiderio di Trump e Netanyahu di trasformare Gaza in una lussuosa Riviera dai cui progetti attuali residenti potrebbero non giovarne, la realtà è che Gaza rappresenta un’enorme sfida sia economica che politica.
La Cisgiordania dovrebbe rappresentare la parte fondamentale della futura Palestina, con i suoi 4 milioni di abitanti e qualche risorsa per l’esportazione come l’olio d’oliva e datteri, oltre a un potenziale turistico grazie a città come Betlemme e Gerusalemme. Tuttavia, la situazione è distinta da un amministrativo caos: Israele esercita un dominio assoluto con i palestinesi che si adattano a spazi sempre più limitati. Gli insediamenti ebraici continuano a espandersi fin dal primo governo Netanyahu nel 1996, attraverso un semplice meccanismo di appropriazione di terre e costruzione di colonie, con supporto legislativo e protezione militare israeliana.
In seguito al 7 ottobre, la situazione si è deteriorata ulteriormente. Israele ha chiuso quasi tutti gli accessi tra i centri della Cisgiordania con cancelli controllati unicamente dalle forze israeliane, lasciando i palestinesi in balia di incertezze logistiche e impossibilitati a tornare a casa in molte circostanze. La questione del controllo del territorio, aggravata dall’assenza di un dialogo efficace, rimane fondamentale.
L’Autorità Palestinese, sotto la guida di Abu Mazen, si trova in uno stato di debolezza, con uno scarso potere di influenza e territori frammentati, molto distante dall’esempio della “Francia libera” che, pur senza territorio o esercito, aveva reputazione e alleati. Diversamente, il governo palestinese manca di legittimità democratica, essendosi rifiutato di riconoscere la vittoria elettorale di Hamas nel 2006, che ha portato a un sanguinoso conflitto interno l’anno successivo. Qual è, dunque, la Palestina riconoscibile? È quella vivace e colorata, presente solamente nei cuori e nelle menti dei palestinesi. Tuttavia, per dare vita a questo sogno, potrebbero volerci generazioni e una determinazione internazionale che, al momento, non sembra essere in vista.