Nei recenti giorni, le giornate paradossali vissute presso la Commissione europea hanno alzato interrogativi sull’efficacia della comunicazione presidenziale di Ursula von der Leyen. Dichiarazioni contrastanti, tensioni interne e accuse di piegarsi a spinte esterne hanno contribuito a delineare un quadro di disordine all’interno dell’istituzione.

L’annuncio clamoroso del portavoce Maciej Berestecki riguardo alla volontà della Commissione di ritirare una proposta legislativa sul greenwashing ha destabilizzato la politica europea, sconvolgendo le forze centriste che avevano sostenuto la leadership di von der Leyen. Allo stesso tempo, ha esortato alcuni dei suoi collaboratori a esprimere critiche sotterranee. Nonostante ciò, i funzionari della Commissione, dietro le quinte, hanno insistito che il disegno di legge non sarebbe stato effettivamente ritirato se il Parlamento europeo e il Consiglio, ovvero i governi dei vari stati membri, avessero accettato di esentare le piccole imprese dalle normative previste. Tuttavia, nel corso della stessa giornata, i portavoce hanno reiterato la dichiarazione iniziale.

I partiti socialisti e liberali hanno espresso pubblicamente il loro dissenso, accusando von der Leyen di cedere alle pressioni del suo stesso Partito Popolare Europeo, oltre a quelle delle forze di estrema destra che contestavano la normativa. Questo ha portato a frenetiche consultazioni durante il weekend e, infine, alla retromarcia ufficiale della Commissione annunciata il lunedì. Berestecki ha chiarito: “La legge non verrà ritirata se le microimprese verranno esentate dalla direttiva.”

Il martedì, è emerso che von der Leyen non aveva mai veramente desiderato annullare quella legislazione, nonostante le apparenze e le frustrazioni espresse da alcuni membri del circolo interno come la vicepresidente socialista Teresa Ribera. Questa situazione ha suscitato interrogativi sulla natura del fiasco, se si trattasse di semplice errore di comunicazione o di politiche confuse con conseguenze non previste. Alcuni osservatori sospettano che i responsabili della comunicazione siano stati incolpati per decisioni discutibili prese dai vertici, ma ufficialmente nessuno osa confermarlo.

Il martedì sera, il portavoce Stefan De Keersmaecker ha evitato di rispondere direttamente alle domande sollevate riguardo a un errore comunicativo, riferendosi alle spiegazioni date da Paula Pinho come sufficientemente esaustive. Ha poi aggiunto che la Commissione attenderà ulteriori colloqui interistituzionali per confermare la sua posizione in base alla decisione eventuale di esentare le microimprese dalla normativa.

Allo stesso tempo, la situazione ha alimentato speculazioni sul presunto coinvolgimento di von der Leyen con il primo ministro italiano Giorgia Meloni. Secondo tali voci, von der Leyen avrebbe incoraggiato l’Italia a ritirare il suo sostegno alla legge durante una visita a Roma, un’accusa negata categoricamente dalla Commissione.

In conclusione, questi eventi hanno scosso la fiducia nella leadership di von der Leyen, causato frizioni con alcuni alleati e dato nuova linfa alle forze di estrema destra, che si sono rallegrate dell’apparente arresto del progetto di legge sul greenwashing. La complessa trama politica a Bruxelles pare ora più intricata e incandescente che mai.

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