Durante una puntata del programma “La volta buona” su Rai1 del 17 giugno, si è discusso di temi legati all’amore e all’infedeltà. Tra gli ospiti, una figura storica e amata dalla televisione italiana, Maria Giovanna Elmi, nota come la “fatina bionda” di molti adolescenti, si trovava insieme a personalità come Flavia Vento e Maria Teresa Ruta. In tale contesto, la conduttrice Caterina Balivo ha deciso di indagare più a fondo su aspetti privati del primo matrimonio della Elmi.
La Balivo ha incalzato Maria Giovanna chiedendole delucidazioni sull’annullamento del suo matrimonio da parte della Sacra Rota, evento che durò otto anni, suggerendo che vi fossero ragioni specifiche dietro questa decisione. La Elmi, visibilmente a disagio, si è lamentata dell’intrusione, sostenendo che tali questioni rientrano nella sua sfera privata. La conduttrice ha replicato che era stata informata della possibilità di trattare questo argomento e quindi riteneva legittimo affrontarlo. Tentando di riportare la conversazione su un tema più generico come il suo rapporto con Miami, la conduttrice ha liquidato l’argomento con un commento sui vantaggi delle spiagge italiane.
L’episodio ha sollevato interrogativi sulla prassi televisiva, ovvero fino a che punto si possa spingere l’insistenza nei confronti di un ospite per questioni sensibili e personali. Si è trattato di un gesto di scortesia verso una figura tanto rispettata della Rai? È giustificabile tale pressione verso qualcuno che desidera semplicemente tutelare la propria intimità?
Parallelamente, su altri canali televisivi si sono osservati comportamenti simili: ad esempio, la performance sopra le righe di Dino Giarrusso all’Isola dei famosi ha evidenziato una certa arroganza e mancanza di consapevolezza, esacerbata dal contesto del programma. La riflessione naturale è se abbia senso criticare il banale e il ridicolo, essendo questi spesso inconsapevoli di se stessi e perciò impenetrabili.
Nel frattempo, su Rai5 si celebravano i 40 anni di “Quelli della notte” di Renzo Arbore, con un commento colto da parte di Roberto D’Agostino, all’epoca figura centrale della trasmissione nonché ideologo dell’edonismo degli anni di Reagan. Tali confronti lasciano la sensazione di una regressione qualitativa della televisione rispetto a quarant’anni fa, preludio di un declino che potrebbe investire anche altre aree della cultura e della società contemporanea.