Correva lungo Fabriko Street, a bordo di un’ambulanza, diretta verso la scuola di Lietavos. Martyna Veronika Noreikaitė si sentiva sopraffatta dall’ansia. Il suo cuore batteva forte quel martedì mattina, a metà maggio, quando l’allarme via radio segnalò un’esplosione avvenuta a Jonava, una città di 30.000 abitanti nel cuore della Lituania. Nei suoi tre anni come paramedico, le chiamate generalmente riguardavano casi di ipertensione o dolori toracici. Mai, fino ad allora, si era trovata di fronte a un evento con così tante vittime.

Avvicinandosi alla scuola, le sirene risuonavano nell’aria mentre l’edificio appariva avvolto nel fumo. Ricordando il caos, Noreikaitė descrive immagini di persone che correvano, altre stese a terra e urla che si diffondevano nello stadio della scuola. Polizia, vigili del fuoco e personale militare erano già presenti, ma Noreikaitė e il suo collega furono i primi paramedici sul luogo. “Vedendo quella scena – il panico, le grida – ti senti smarrito, incapace di capire cosa fare o dove dirigerti. La mente si svuota.” Questa era la ragione per cui le autorità lituane avevano organizzato “Iron Wolf” (“Geležinis Vilkas”), esercitazioni militari di due giorni per preparare tutti alla peggior evenienza: un potenziale attacco al fianco orientale della NATO.

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, l’ombra di un possibile conflitto militare si stende minacciosa. “Quando i media hanno annunciato l’inizio della guerra in Ucraina, è stato sconvolgente”, racconta Noreikaitė. “In ospedale c’era molta incertezza, non sapevamo se avessimo abbastanza risorse o se fossimo pronti se qualcosa di simile accadesse qui.” Oggi, però, Noreikaitė è più tranquilla. Si concentra sull’addestramento e sull’apprendimento dei protocolli di triage. Ritiene che esercitazioni come quella a Jonava siano indispensabili e auspica che si ripetano con maggior frequenza.

La Lituania non è sola: tutti i paesi del fianco orientale della NATO stanno rivedendo i piani di crisi per i servizi sanitari, organizzando esercitazioni e investendo in attrezzature protettive. La sicurezza degli ospedali è una delle priorità, specie dopo che il conflitto in Ucraina ha dimostrato che anche in Europa la guerra può diventare una realtà. “Non è più una questione di se [la Russia] attaccherà”, afferma Ragnar Vaiknemets, direttore del dipartimento di preparazione alle crisi in Estonia. “Si tratta di quando.”

L’Estonia e altri paesi dell’est conoscono bene il rischio che comporta una vicinanza geografica con la Russia e la Bielorussia. Daniel Naumovas, un funzionario della Sanità lituana, descrive questo territorio come una linea di fronte, vulnerabile e critica, soprattutto per la NATO. Il delicato equilibrio geopolitico nella regione rende urgente la necessità di prontezza alla guerra.

Durante la presidenza di turno del Consiglio dell’UE, la Polonia ha evidenziato la sicurezza sanitaria in tempi di conflitto, sottolineando come i sistemi ospedalieri debbano prepararsi a situazioni di crisi. La guerra moderna non risparmia infatti nessuno, neppure i civili o le strutture sanitarie che li assistono. A Vilnius, l’Ospedale Universitario Santaros Clinics sta mettendo a punto infrastrutture che assicurino operatività anche in caso di disastri come interruzioni elettriche o idriche.

In Estonia, si stanno introducendo misure come la distribuzione di telefoni satellitari per garantire comunicazioni costanti in situazioni critiche. Progetti simili sono comuni anche in altri paesi limitrofi, che stanno installando generatori di riserva per evitare che infrastrutture cruciali rimangano senza energia durante gli attacchi. La preparazione al conflitto sta coinvolgendo non solo le strutture edilizie ma anche l’organizzazione di risorse e personale.

Per i sistemi sanitari, una delle sfide più grandi è rappresentata dalla disponibilità di personale: molti operatori sanitari potrebbero non sentirsi pronti a rimanere in caso di conflitto, come testimoniano i sondaggi tra il personale in Lituania. La prontezza alla guerra richiede, infatti, non solo piani strategici ma anche una forza lavoro motivata e adeguata alle circostanze critiche che si potrebbero presentare.

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