Si presenta come una narrazione dai toni oscuri, con l’ambizione di essere una parabola morale contro la violenza, amalgamando vari generi cinematografici. Questa storia si caratterizza per uno stile audace, dimostrando che, attraverso un approccio innovativo, il cinema italiano può ancora sorprendere e coinvolgere il pubblico.

La vicenda segue le disavventure di Davide, un giovane benestante interpretato da Francesco Gheghi, trascinato nel mondo dei combattimenti clandestini dopo un tragico episodio in cui perde la vita una ragazza conosciuta al mare. Questi scontri, senza regole e a mani nude, sono guidati dalle legge del più forte: “o vinci o muori”. Comprende inoltre un contesto sociale in cui la sopravvivenza è una lotta quotidiana. Il tutto orchestrato dal temibile boss Amato, un personaggio complesso con un occhio di vetro interpretato da Renato Carpentieri, mentre l’allenamento è curato dall’ex combattente Pietro, alias Minuto, il cui ritratto è affidato ad Alessandro Gassmann.

Nel cuore di una nave mercantile abbandonata si svolgono i duri allenamenti overseen da Pietro, una figura dall’aspetto imperturbabile ma dal cuore segnato da un passato travagliato. La relazione tra maestro e allievo sembra destinata a sfociare in qualcosa di più profondo, suggerendo che il loro incontro non è casuale.

Progressivamente, Davide, con il nome di battaglia Batiza, si evolve in questo ambiente brutale, iniziando un viaggio di formazione intriso di violenza e introspezione. La trama si arricchisce di una timida storia d’amore con Eva, una barista interpretata da Fotinì Peluso, animata dal sogno di gestire uno stabilimento balneare.

Simbolismi e metafore permeano l’intera opera, presentata come una sorta di tragitto del crimine e della punizione, dove Davide cerca espiazione nei ring, quasi come se affrontasse un percorso di redenzione siberiana. “Mani Nude” è la seconda opera del regista Mauro Mancini, noto per “Non odiare,” un film con una forte componente antirazzista sempre capeggiato da Gassmann.

Nel realizzare questo film, Mancini si ispira agli anime giapponesi, tracciando un universo alternativo dove uomini ridotti in schiavitù si battono fino alla morte per vile denaro, il tutto basato sul romanzo di Paola Barbaro edito da Piemme. Questa produzione mescola abilmente influenze dark del cinema di Garrone e Besson con accenni a lavori come “Fight Club” di Fincher e “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Mainetti.

La peculiarità surreale della pellicola, che potrebbe fungere da pilota per una serie televisiva, sta nella sua struttura divisa: una prima parte dominata dai combattimenti e una seconda focalizzata sui complessi drammi interiori dei protagonisti. Alessandro Gassmann incarna un Minuto avvolto dall’oscurità, mentre Francesco Gheghi continua a dimostrare la sua crescente abilità nel campo attoriale, già evidenziata in lavori precedenti come “Familia” di Francesco Costabile e “Fuori” di Mario Martone.

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