una macchina burocratica che coinvolge numerosi enti, agenzie e attori diversi. La vastità delle strutture può confondere, rendendo difficile ottenere una vera trasparenza e responsabilità.
La cultura dell’impunità è però alimentata non solo dalla complessità, ma anche dal modo in cui le istituzioni affrontano i loro scandali. Gli scandali vengono spesso minimizzati e, nonostante i vari meccanismi di verifica e controllo, sembra che nessuno paghi realmente il prezzo per le proprie azioni. Per esempio, nel caso di Henrik Hololei, che aveva accettato voli gratuiti mentre il suo dipartimento negoziava con il Qatar, le conseguenze sono state minime. E quando le irregolarità vengono scoperte, come nei casi di “Pfizergate” o di promozioni fraudolente, finiscono nel dimenticatoio senza che vi siano cambiamenti significativi.
Questa mancanza di trasparenza alimenta la sfiducia nei confronti delle istituzioni e fornisce materiale ai populisti anti-europei, che usano questi stessi episodi per rafforzare la loro narrativa contro l’Unione Europea. La situazione ricorda il modus operandi di altre istituzioni internazionali come il Vaticano o le Nazioni Unite, dove le accuse di corruzione e impunità sono state frequenti ultimamente.
Il problema più grande con la cultura dell’impunità nelle istituzioni dell’UE è che non solo danneggia la percezione pubblica, ma rischia anche di compromettere la legittimità dell’intero progetto europeo. Mentre i governi nazionali rispondono ai propri cittadini attraverso le elezioni, il sistema amministrativo dell’UE è percepito come distante e opaco, con responsabilità poco chiare.
La questione della responsabilità è ulteriormente complicata dal fatto che, quando un’inchiesta ha luogo, i risultati sono spesso insoddisfacenti e le punizioni inadeguate. Un esempio emblematico è il caso del segretario generale Selmayr, la cui controversa ascesa ai vertici dell’UE ha provocato solo una polemica superficiale ma nessuna reale revisione dei processi di nomina.
In tutto questo, la figura di Ursula von der Leyen è particolarmente rilevante. Nonostante le critiche mosse alla sua amministrazione per la gestione poco trasparente di contratti importanti durante la pandemia, le istituzioni non sembrano intenzionate a correggere la rotta. Le critiche ricevute da parte del Parlamento Europeo e le sentenze giudiziarie non riescono a tradursi in azioni correttive concrete.
In definitiva, la vera sfida per l’Unione Europea è spezzare questo circolo di impunità, trasparenza limitata e mancanza di conseguenze, per riguadagnare la fiducia dei cittadini e rafforzare la sua legittimità politica e amministrativa. Tuttavia, con la mancanza di forti incentivi per il cambiamento, la strada verso una maggiore trasparenza e responsabilità sembra ancora lunga e tortuosa.