Nell’ambito dell’Unione Europea, numerosi stati membri, tra cui spiccano Francia e Germania, stanno esprimendo il loro desiderio che la Commissione Europea intraprenda azioni contro l’Ungheria riguardo alla decisione del Primo Ministro Viktor Orbán di vietare le celebrazioni del Pride a Budapest. Questa richiesta è stata formalizzata attraverso una dichiarazione congiunta visionata da POLITICO, che evidenzia la volontà di sedici paesi europei di sollecitare Bruxelles a sfruttare appieno gli strumenti a sua disposizione per garantire che Budapest rinunci a tale divieto.

Il piano di Orbán ha suscitato preoccupazione tra molti stati membri, come testimonia la lettera firmata, tra gli altri, da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Svezia. Francia e Germania sono tra i firmatari, secondo quanto riferito a POLITICO da un diplomatico dell’UE. La dichiarazione sottolinea che le leggi ungheresi, che minacciano sanzioni contro chi organizza o partecipa a eventi LGBTQ+, violano i valori di dignità umana, libertà, uguaglianza e rispetto dei diritti umani sanciti dall’Articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea.

Non è stato specificato quali azioni specifiche dovrebbe adottare Bruxelles, ma viene suggerita l’idea di misure provvisorie, ovvero ingiunzioni legali volte a impedire danni, in questo contesto autorizzando le celebrazioni del Pride. Fino ad ora, la Commissione, che sta trattenendo ingenti fondi destinati all’Ungheria per violazioni dello stato di diritto, non ha adottato un approccio coercitivo. L’opposizione alle misure provvisorie è stata espressa dal Commissario per l’Uguaglianza Hadja Lahbib in una recente riunione, citando la mancanza di sostegno dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Le attuali tensioni rappresentano una pressione crescente su von der Leyen, in un momento in cui l’UE si trova a fronteggiare un cambio di atteggiamento verso l’Ungheria. I diplomatici avvertono che la frustrazione verso Budapest è in crescita, in particolare per il suo ostruzionismo nei confronti dell’aiuto all’Ucraina da parte dell’UE. Con l’avvicinarsi di un incontro cruciale del Consiglio Affari Generali dell’UE, funzionari come il Ministro per l’Europa svedese Jessica Rosencrantz hanno indicato l’esaurirsi della pazienza verso l’approccio ungherese, suggerendo la necessità di azioni concrete.

Tra le opzioni discusse vi è anche quella dell'”opzione nucleare”, ovvero privare l’Ungheria del diritto di voto nel Consiglio Europeo attraverso procedimenti previsti dall’Articolo 7 del trattato dell’UE. Questo richiederebbe il consenso di una maggioranza significativa dei paesi UE, e la collaborazione chiave di nazioni come Francia e Germania per raggiungere tale obiettivo. Il consenso di almeno 19 paesi è attualmente presente, ma ne servirebbero 26 per portare avanti i procedimenti, evidenziando la complessità delle dinamiche politiche in gioco.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *