Le mattine successive al decesso di Papa Francesco, intorno a 180 cardinali hanno iniziato a radunarsi in una sala d’assemblea nella Città del Vaticano. Questi alti prelati, seduti in file di poltrone di legno con schienali alti, discutono animatamente sulla futura direzione della loro chiesa mondiale di 1,4 miliardi di fedeli. Al vertice di questi dibattiti si trova un cardinale di 91 anni, con difficoltà d’udito, che talvolta emana ordini non intenzionalmente nel tentativo di parlare sottovoce. Dietro le lodi formali per il defunto pontefice si cela un malcelato disagio per il suo pontificato, durato 12 anni e non privo di controversie. Un partecipante alle assemblee, conosciute come congregazioni generali, sostiene che il rispetto apparente dissimula tensioni sottostanti: “Conoscendo la situazione, si intuisce cosa nascondono i discorsi ufficiali.” Parole di sottile critica traspaiono anche nei commenti apparentemente positivi, come quelli che cercano di ridimensionare l’eredità di Francesco richiamando l’attenzione sui pontefici precedenti.

L’imminente conclave, che prenderà il via il 7 maggio, avviene in un contesto internazionale di contrasti culturali simili a quelli degli Stati Uniti, con conservatori e progressisti in competizione all’interno della Chiesa. Non solo si discute sulle questioni ideologiche, ma anche su chi dovrebbe detenere il potere in una Chiesa sempre più decentrata da Roma. Durante il suo pontificato, Francesco ha prodotto un cambio drastico nel panorama ecclesiastico globale, nominando cardinali provenienti da regioni fuori dai tradizionali centri di potere occidentali, come le Isole Caraibiche e l’Indonesia, mentre le diocesi di Los Angeles e San Francisco venivano trascurate.

Papa Francesco, prima della sua morte il 21 aprile, aveva indetto sinodi che coinvolgevano il laicato e i chierici di regioni in crescita come Africa e Asia per affrontare questioni come i diritti LGBTQ+ e i matrimoni tra divorziati. Questi sinodi miravano a una maggiore inclusione, ma hanno anche consentito una diversificazione delle interpretazioni teologiche, sottraendo autorità alla Curia romana.

Tra le questioni al centro del dibattito pre-conclave vi è il futuro della leadership, con particolare attenzione rivolta al segretario di Stato del Vaticano, Pietro Parolin. Diplomatico abile e fidato del defunto papa, Parolin è visto da alcuni come un continuatore delle riforme inclusive di Francesco, sebbene i tradizionalisti lo vedano come un’eminenza grigia e abbiano mosso critiche riguardo i suoi rapporti con la Cina e una passata gestione finanziaria controversa. La sua candidatura ha raccolto consensi tra coloro che desiderano mantenere l’influenza di Roma intatta, anche se ha suscitato preoccupazioni tra i sostenitori di Francesco che temono un regresso.

A prescindere dalle specifiche preferenze e critiche, il futuro della Chiesa dipenderà da come verranno risolti i battibecchi ideologici attorno alla leadership. Tuttavia, il percorso verso il trono di Pietro rimane aperto e incerto, con un ampio dibattito su questioni chiave quali il ruolo delle donne e le posizioni su temi sociali delicati. Mentre i favoritismi possono subire bruschi cambiamenti in funzione delle dinamiche del conclave, le divisioni persistenti indicano un momento di riflessione critica per una Chiesa che si trova a trattare con un’identità e una struttura di potere sempre più globali.

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