Oggi si celebra la Pasqua sia in Occidente che in Oriente, un evento raro che si ripetè l’ultima volta nel 2014, quando la Crimea venne annessa e la Russia avviò le prime azioni militari in Ucraina. La coincidenza delle festività ha amplificato la recente iniziativa del Cremlino, ma non si può sperare che questo significhi la fine delle ostilità. Vladimir Putin, piuttosto che un avventuriero incline ai rischi, è noto per essere un calcolatore che privilegia azioni con sicure possibilità di successo, anche quando queste siano di modesta portata.

La recente proposta di una tregua “festiva” si inserisce perfettamente in questa dinamica. Le parole usate dal Cremlino sono accuratamente scelte per non alienare il crescente partito delle colombe, preoccupato che l’apertura data da Donald Trump verso una possibile pace possa chiudersi improvvisamente. Al contempo, Putin si guarda bene dal scontentare i falchi, che continuano a godere di vasto supporto popolare.

L’offerta di Putin include un piccolo gesto di buona volontà, pur riconoscendo che le forze russe stanno avanzando sul campo di battaglia. Nel frattempo, il presidente russo si prepara a frustrare qualsiasi violazione del cessate il fuoco da parte ucraina, riservandosi una via per riavviare i combattimenti se necessario. Questo mantenersi in equilibrio tra intenzioni di pace e la possibilità di rimettere mano alle armi è un strategia caratteristica del suo operare.

Negli Stati Uniti e in Russia, si è diffusa l’opinione che la pazienza di Trump possa giungere al limite il 30 aprile, marcando i primi cento giorni della sua presidenza. Un articolo del Moskovskij Komsomolets, a firma di un noto editorialista vicino a Putin, sottolineava come un insuccesso da parte di Trump nel concretizzare risultati in tale arco temporale possa essere visto come un suo fallimento, accentuando la pressione politica.

La tregua unilaterale diventa così un sostegno offerto a Washington, anche se non implica concessioni d’importanza da parte di Putin. Egli percepisce infatti l’opportunità di ridefinire i rapporti geopolitici a vantaggio della Russia e intende capitalizzare su questa occasione, che appare irripetibile. Tale mossa gli consente di guadagnare tempo, senza compromettere nulla.

All’interno di Mosca, si registrano anche opinioni differenti. Personalità come Ekaterina Shulman, politologa di opposizione, riconoscono la mossa del Cremlino come un gesto minimo ma significativo, mentre esponenti di diversa inclinazione, come il corrispondente Aleksandr Kots, interpretano la tregua come una facciata dietro cui proseguirà l’offensiva.

Tuttavia, queste opinioni diverse e le tensioni fra falchi e colombe nel cerchio di Putin sembrano far emergere crepe nel monolitico muro del Cremlino. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha parlato di “quinte colonne” operative all’interno del sistema, che, mentre affermano fedeltà al presidente, potrebbero ostacolare silenziosamente i suoi obiettivi. Ancora una volta, Putin ha agito sorprendentemente, mantenendo il minimo rischio per il massimo ritorno. Questo, in definitiva, è il modus operandi di Putin.

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